Benvenuti nel mio mondo fatto di fantasia, creatività, libero pensiero, nel rispetto di tutto e di tutti......divido con voi le mie esperienze, le mie sensazioni e i miei pensieri ......piu' profondi!

Non so se riuscirò o mi sarà concesso di chiudere "il cerchio", "disegnandolo sulla grande tela della vita". So di per certo però, che qualunque cosa accadrà nel mio percorso di vita futura, le parole, i pensieri, i racconti e le riflessioni, qui riposti, rimarranno, spero, come spunto e stimolo di riflessione per chiunque li leggerà.

mercoledì 16 aprile 2025

"Un borghese piccolo piccolo"

All’apparenza è la storia semplice di un uomo qualunque. Giovanni Vivaldi, impiegato ministeriale prossimo alla pensione, ha un solo desiderio: sistemare il figlio con un posto fisso. 
Una piccola ambizione, un sogno modesto, ma profondamente umano. 
Quando la realtà si frappone con una violenza improvvisa e insensata, la vita di Giovanni prende una piega inaspettata. 
Da quel momento, tutto cambia. 
E lo spettatore cambia con lui.
"Un borghese piccolo piccolo" è uno di quei film che partono in sordina, quasi con tenerezza, per poi scavare sotto la pelle e lasciarti senza parole. 
La regia asciutta e precisa di Mario Monicelli non cerca mai l’effetto facile, ma incide con una lama sottile. 
È un film che non alza mai la voce, eppure grida forte. 
La Roma grigia, i corridoi polverosi degli uffici, i dialoghi sottotono, tutto contribuisce a costruire un mondo dove la mediocrità non è insulto, ma condizione esistenziale.
E al centro c’è lui: Alberto Sordi. 
Un’interpretazione magistrale, complessa, mai caricaturale. 
Sordi qui è lontanissimo dalla maschera comica che lo ha reso celebre. 
Giovanni Vivaldi è un uomo piccolo, ma non ridicolo. 
È fragile, sincero, ottuso e spaventosamente credibile. 
Quando il dolore lo travolge, non esplode: si chiude. 
Ma in quel silenzio cresce qualcosa di spaventoso, qualcosa che Monicelli racconta con una freddezza chirurgica, lasciandoci a riflettere su cosa sia davvero la giustizia. 
E su cosa resti di un uomo quando il senso gli viene strappato via.
Il film riesce a essere contemporaneamente una critica sociale, un dramma psicologico e una riflessione amara sull’Italia degli anni ’70 – che però sembra ancora, inquietantemente, attuale. 
Niente moralismi, niente sconti: solo un racconto onesto, crudele, potentissimo. 
Il film non dà risposte, non indica eroi. 
Mostra semplicemente un uomo schiacciato da un sistema indifferente, che si aggrappa a ciò che può, fino a smarrire se stesso. 
È una riflessione sull’impotenza, sulla rabbia repressa, sulla vendetta e sul vuoto morale. 
Un’opera che colpisce con la forza delle cose vere, dette sottovoce.
Da vedere. 
E da metabolizzare lentamente.
L'ho visto e mi ha fatto male, non voglio puù vederlo.
soffrò troppo.
No riesco a metabolizzarlo.





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