Non so se riuscirò o mi sarà concesso di chiudere "il cerchio", "disegnandolo sulla grande tela della vita". So di per certo però, che qualunque cosa accadrà nel mio percorso di vita futura, le parole, i pensieri, i racconti e le riflessioni, qui riposti, rimarranno, spero, come spunto e stimolo di riflessione per chiunque li leggerà.
domenica 25 ottobre 2009
giovedì 22 ottobre 2009
38 - SULLE ALI DI PEGASO PER NON CADERE
martedì 28 luglio 2009
37 - IL BIVIO
venerdì 5 giugno 2009
36 - Sonetto XXIV
Il mio occhio s'è fatto pittore ed ha tracciato
L'immagine tua bella sul quadro del mio cuore;
il mio corpo è cornice in cui è racchiusa,
Prospettica, eccellente arte pittorica,
Ché attraverso il pittore devi vederne l'arte
Per trovar dove sia la tua autentica immagine dipinta
Custodita nella bottega del mio seno,
Che ha gli occhi tuoi per vetri alle finestre.
Vedi ora come gli occhi si aiutino a vicenda:
I miei hanno tracciato la tua figura e i tuoi
Son finestre al mio seno, per cui il Sole
Gode affacciarsi ad ammirare te.
Però all'arte dell'occhio manca la miglior grazia:
Ritrae quello che vede, ma non conosce il cuore
giovedì 28 maggio 2009
35 - Donna ti voglio cantare
Donna ti voglio cantare
donna la madre,
donna la fine
donna sei roccia,
donna sei sabbia
e a volte nuvola sei...
Donna sei acqua e sei fiamma
donna paura,
donna allegria
donna saggezza,
donna follia
e a volte nuvola sei...
Donna, donna sei l'ombra
donna sei nebbia,
donna sei l'alba
donna,donna di pietra
a volte nuvola sei...
Donna, donna l'amica
donna sei nave,
donna sei terra
donna,donna sei l'aria
e a volte nuvola sei...
Donna sei sete e vendemmia
donna sei polvere,
donna sei pioggia
donna saggezza,
donna folliaa volte nuvola sei...
Donna ti voglio cantare
donna sei luce,
donna sei cenere
donna sei ansia,
donna sei danza
e a volte nuvola sei...
Donna, donna sorgente
Donna sei erba,
donna sei foglia.
Donna, donna sei pietra
e a volte nuvola sei...
Angelo Branduardi
mercoledì 27 maggio 2009
34 - La bella addormentata
ed io sul tacito veron seduto
in solitaria malinconia
ti guardo e lacrimo Venosa mia.
Non più quei fuochi di legna ardenti
che a San Giuseppe ci fan contenti
perché sui muri passa il metano
che, per fortuna, “ci dà una mano”.
Passa un amico per la città
“Ehi, di Venosa che novità?”
“Qui, ogni giorno, qualcosa manca
stiamo innalzando bandiera bianca.
Per noi è autunno, non c’è che dire,
non splende il sole dell’avvenire
questo paese, sotto la luna,
perde le foglie ad una ad una.
Ci siam distratti per un momento:
non c’era più il “Collocamento”,
e Sant’Andrea, tempio ideale,
ha perso il titolo di Cattedrale.
E con finezza, a mo’ di tonsura,
fra un po’ ci privan della Pretura
e se vien meno un po’ d’attenzione
ci troveremo senza stazione.
Grazie alla legge di un certo Ministro
van via “le Imposte”, va via “il Registro”,
e, se non passa ‘sto temporale,
forse perdiamo pur l’Ospedale.
Ora è scomparso, oh che tristezza!
anche l’Ufficio della “monnezza”
montiam la guardia al nostro Castello
se no ci portan via anche quello.
Amico mio, saggio e canuto,
che stai sul tacito veron seduto,
scendi tra noi, dacci una mano,
non si fa nulla sopra un divano.
Diamo ai più giovani qualche speranza
qui l’amor patrio è andato in vacanza
non c’è passione, spento è l’orgoglio
è ben che cresca un po’ d’erba “voglio”!
Fiato alle trombe, diamo uno squillo,
viver non basta d’Orazio e Tansillo
Venosa aspetta d’esser svegliata
sopra “le pietre” s’è addormentata.
Chissà se un giorno un principe azzurro
con un bel bacio, con un sussurro
verrà a svegliarla e a dirle: “Cara,
ti giunge il canto della Fiumara?
Ti giunge il suono delle campane?
Senti il profumo del tuo bel pane?
Ritorni in te l’antica fierezza
d’essere stella di prima grandezza.
Tu sei la terra dei cento leoni,
delle fontane, dei bei largoni,
grandi le mura, grande la storia
ma abbiam bisogno di nuova gloria.
Antiche chiese, bei monumenti,
archi, colonne, pietre splendenti,
ma accanto a questi mille tesori
dovranno nascere nuovi valori.
“Venosa, svegliati! siamo in aprile
tornan le rondini sul campanile
vecchio paese fatti sentire
riaccendi il sole dell’avvenire!”
sabato 23 maggio 2009
33 - La Creazione
Pur tuttavia, molte volte, vi sono profonde contraddizioni tra le affermazioni dei teologi e quelle degli uomini di scienza. C'è da chiedersi perchè ciò avvenga.
Lutero sosteneva che il mondo con tutte le sue creature, fu creato in sei giorni, nel senso letterale delle parole, specificando che intendeva un giorno di 24 ore.
La Sacra Scrittura è detta anche Rivelazione.
Credo che se saremo degni di avere la vita eterna, avremo tutto il tempo per conoscere i misteri gaudiosi dai quali siamo circondati e nei quali siamo immersi.
Così ho deciso di attenermi a quanto è rivelato nella Bibbia e di trovare pace nel mio spirito.
Ho la certezza che Dio non ha bisogno di tempi lunghi per creare qualsiasi realtà. E’ scritto: “Egli disse e la cosa fu”!
E’ in quel “disse” è il mistero di tutte le cose.
L’idea dell’albero, della roccia, dell’acqua, della terra e di ogni essere vivente, con tutti gli organi vitali che lo compongono, è nata nella sua mente ed è qualcosa di così meraviglioso, di così grande che non si trovano parole per definirlo.
Comunque ringraziamo il Signore della capacità che ci ha dato di pensare e, soprattutto di pensare a Lui!
Questa è già una cosa bellissima, signor Vincenzo, e forse un segno di predilezione divina.
Quando San Paolo fu rapito in paradiso (v. 2 Cor.12,4) e poi ritornò sulla Terra (egli dice:” se fu col corpo o senza il corpo non lo so Dio lo sa”) e dice anche che non è possibile all’uomo riferire ciò che vi è lassù. Così bisogna restare nell’umiltà e nella pazienza.
Qualunque concettura possiamo fare, adesso, sull’origine del mondo (anzi, dell’universo) potrebbe essere sbagliata.
Adoriamo Dio nel silenzio della mente e del cuore.
Che Dio la benedica con la sua cara consorte!
Anna Maria
32 - Quando parlano le pietre
Le rovine rappresentano l'opera del tempo e la memoria degli uomini.
Le pietre ci invitano a compiere un viaggio tra le vestigia di tutto un mondo molto lontano ma sempre presente, un mondo silenzioso, nascosto ed a volte misterioso, per rivelarne insieme oltre alla storia, alla poesia e alla bellezza anche il significato.
E’ bello delineare un percorso e tracciare un itinerario attraverso le grandi culture che si sono avvicendate nel corso dei secoli e attraverso gli antichi siti che hanno popolato nel tempo i sogni dei poeti e affascinato architetti, scultori, scalpellini, artisti, musici e scrittori di epoche diverse: dalla preistoria all’antica Grecia, dalla Roma imperiale al medioevo, dal rinascimento fino ai giorni nostri, sconvolti dalle ultime due guerre mondiali, passando quindi per l'impero romano, ripercorrendo i luoghi simbolo dell'evangelizzazione e della cristianità con manufatti come templi, fortezze, chiese ed edifici che raccontano la storia di ognuno. Ora che molte di queste pietre hanno fatto ritorno alla luce e al loro primitivo splendore, esse liberano il loro spirito, nel silenzio e nella luce.
E’ bello sentire l’ebbrezza del vissuto dove le emozioni sono condivisibili, e i sogni diventano “tangibili”, dove sembra che il tempo non sia mai passato …insomma: un vero e proprio viaggio nel tempo.
Ogni edificio potrebbe raccontare la sua storia, ma gli uomini non li ascoltano, lo abitano.
Quando però il suo spirito emerge, allora l’uomo riesce a sentire…”.
Un viaggio nelle culture e nel tempo, ma forse è più corretto definirlo: un viaggio “senza tempo”. La “stratificazione della storia” è infatti un privilegio tangibile per chi vive in questa città, ricca di luoghi dove il passato e il presente si fondono, creando atmosfere irripetibili altrove.
è uno di questi siti che predispongono a questo la mente, gli occhi, e il cuore. Un esempio ideale di cultura e bellezza:
E’ un privilegio che in questo paese ci sia tanta bellezza, manca però una consapevolezza: bisogna difenderla la bellezza, dall’ignoranza, dal degrado, dall’incuria, perché è un bene inestimabile, e un diritto poterne usufruire tutti, liberamente, con gioia e rispetto.
E’ il fenomeno del “dejavu”. Ci credo: credo fermamente che esista qualcosa che vada aldilà di tutte le realtà materiali e temporali, che ci collega con un infinito, un passato che continua nel presente e nel futuro, e in modo tangibile.
Basta semplicemente sfiorare una pietra antica, l’androne di un palazzo che conservi resti di qualche casa romana, un pezzo di colonna che affiora da qualche chiesa, costruita sopra qualche tempio. Provate a farlo, e a chiudere gli occhi: le pietre parlano, ci raccontano cose, ci trasportano come una macchina del tempo, basta sapere ascoltare.
Eppure malgrado tutto, questa città-museo a cielo aperto, esercita un fascino ineguagliabile sui residenti e sui stranieri.
“Di questa città mi affascina la stratificazione della storia.
Basterebbe guardarsi attorno, riempirsi gli occhi con bellezza dei nostri siti e soprattutto fermarsi, ad ascoltare le pietre. Una storia che si vede, che si tocca, che può dare a tutti coraggio, forza e l’orgoglio necessario per andare avanti: non dimentichiamoci che per capire chi siamo e dove andiamo dobbiamo sapere da dove veniamo.
giovedì 21 maggio 2009
31 - Se tu sei cielo
Se Tu Sei Cielo :
Se tu sei cielo
è a te che tornerò
e sul tuo seno
le ali piegherò...
Per il mio sonno sei notte
e sole al mattino
e tiepida pioggia
sulla terra che ho.
Se tu sei vento
vento di mare...
prima tempesta
e poi riparo.
Il tuo passo leggero
mi segue sulla via,
sei tu che cammini
sulla terra che ho.
Se tu sei tempo
con me tu passerai,
bella stagione,
profumo mi darai...
e vendemmia per noi
L'autunno che verrà,
poi le foglie cadranno
sulla terra che ho.
Ma tu sei cielo
e a te io tornerò
e del tuo seno
il nido mi farò...
Sei la strada accogliente
che il mio passo sa già
e sei vento, sei tempo,
sei la terra che ho.
...........................Angelo Branduardi.....................
lunedì 18 maggio 2009
30 - Camm'nann pu pajeise
Tra stràde e strett'l du pajeise meje,
addó ogni prete tene na storije,
tra fatt passàte e p'nzire d' fantaseje
m' n' vache a la scupert d' la m'morije.
Da u subbuglie d' la veita cittadeine,
èje, paisane mizz fr'stire e p'nziunate,
p' na r'mpatriaíte d' veita g'nueine
so' v'noute au pajeise addò so’ nate.
Tutt i jurn p' Sand'Andreje, la Chiazzodd e la Chiazza Nova
m' n' ‘nghiangh facenn tutt la via nova,
po’ vache p’ rr suppind e la fundàne
fin’ a mond au nuve riòne
e tra la gend d’ vecchie e nova g’nerazióne
m’ gode tutta la veita paisane.
Scenne attòrn au pajeise, m'aggeire
pu Massaróne, San Giuuann, Santa Mareje,
e scenn scenn jè tutt nu r'speire
d' veita sempl'ce e d'armuneje. Spéss me n' vache pu Gravattòne
o p' rr strett'l d- Sand N'cole
addò u prugress ha purtate la telev'sióne
ma s' camb ancóre ind na camera sole,
e jè nu piacere custatà
ca ind a quere strett'l, proprie ddà
la famiglije jè ancore famigiije
e la truve dréte na mezza port
ca s' spart ru pane e s' cuns'glije
e ch' d'core la m'serije s' support... Vacanz d'aúst d' piacevule jurnàte
passate lundane da la veita c'ttadeine
fatta d' stravìzie e d' famiglie d'sastràte,
jè nu piacere camhà 'mmizz a la gend g'nueine!
Acch'ssé, scenn scenn a la scupert d' la memorie
m' n'addone ca u futoure d' la storije
jè proprije dda, 'mmizz au popule sane
d' la sempl'ce veita paisàne.
CAMMINANDO PER IL PAESE
Tra strade e vicoli del mio paese, dove ogni pietra ha una storia, tra fatti passati e pensieri di fantasia, me ne vado alla scoperta della memoria.
Dal subbuglio della vita cittadina io, paesano mezzo forestiero e ormai pensionato, per una rimpatriata di vita genuina sono venuto al paese dove son nato.
Tutti i giorni, per Sant'Andrea(1), la Piazzetta(2) e la Piazza Nuova(3) me ne salgo attraversando tutto il corso; poi vado per i portici(4) e la fontana(5) fino al nuovo rione(6) e tra la gente di vecchia e nuova generazione, mi godo tutta la vita paesana.
Andando in giro per il paese, per il Massarone(7), San Giovanni(8) e Santa Maria(9), in giro è tutto un respiro di vita semplice e d'armonia.
Spesso me ne vado per il Gravatone(10) o per i vicoletti di San Nicola(11), dove i1 progresso ha portato la televisione, ma dove la gente vive ancora in una sola stanza ed è un piacere constatare che entro quei vicoli, proprio lì la famiglia è ancora famiglia e la trovi dietro una mezza porta che si divide il pane e si consiglia e con decoro si sopporta la miseria.
Vacanze di piacevoli giornate di agosto, passate lontane dalla vita cittadina, fatta di stravizi e di famiglie disastrate: è un piacere vivere in mezzo alla gente genuina!
Così, andando alla scoperta della memoria, me ne accorgo che il futuro della storia è proprio lì, in mezzo al popolo sano della semplice vita paesana.
(1)- La Cattedrale
(2)- Fontana medievale di Messer Oto
(3)- Piazza Orazio
(4)- Piazza Castello
(5)- Fontana Angioina in piazza castello
(6)- Piazza Dante
(7)- Quartiere del centro storico al termine di via Garibaldi
(8)- Quartiere del centro storico alla metà di via Garibaldi
(9)- Piazza Ninni
(10)- Quartiere medievale del centro storico a sud-est della città
(11)- Quartiere medievale del centro storico nei pressi di via Roma
sabato 16 maggio 2009
29 - Quando ti chiedi cos'è l'amore
venerdì 15 maggio 2009
28 - L' immagine di Dio
«Gli artisti di ogni tempo hanno offerto alla contemplazione e allo stupore dei fedeli i fatti salienti del mistero della salvezza, presentandoli nello splendore del colore e nella perfezione della bellezza» (Card. JOSEPH RATZINGER, Introduzione al Compendio, 2005).
Le immagini facilitano l’accesso, la comprensione e la trasmissione di contenuti a persone appartenenti a lingue, età e culture diverse: sono facilmente leggibili e, pertanto, rispetto alla parola e allo scritto, raggiungono un maggior numero di persone. Questo è stato l’elemento unificante che ha portato committenti e artisti di tutte le epoche a privilegiare l’aspetto iconografico nella trasmissione del sapere, compreso quello religioso, che nella sua funzione didattica ha arricchito di bellissime immagini le già splendide architetture delle chiese.
In quanto essere unitario, e cioè costituito di corpo e anima, l’uomo si esprime attraverso segni, parole, gesti, simboli. Egli percepisce le stesse realtà spirituali attraverso segni e simboli materiali. Dante nel Paradiso (Canto 4, versi 42-46) afferma che l’intelletto non può afferrare la vera natura di Dio senza l’uso dei sensi.
Gesù, oltre che essere Egli stesso Colui nel quale si rende presente e visibile Dio, si serve spesso, nel suo predicare e operare qui sulla terra duemila anni fa, delle realtà provenienti dalla creazione per far conoscere, annunciare e comunicare i misteri del regno di Dio. Si pensi anche solo al significato simbolico delle sue parabole e dei suoi miracoli. Cristo inoltre ha utilizzato elementi e segni provenienti dal mondo per istituire i Sacramenti della Chiesa.
L’immagine umana è limitata rispetto al divino
mercoledì 13 maggio 2009
27 - “VAE VICTIS”
un drammatico fatto accaduto a Venosa (PZ) un episodio mai comparso e menzionato in nessun libro di storia, ma che ora voglio raccontare.
All’alba del 21 gennaio, festa di S. Agnese, a pochi passi da Venosa, i soldati tennero un’imboscata ad una delle bande del Crocco ed i tre fratelli furono trucidati. Portati in città i loro corpi furono esibiti ed esposti come trofei al centro della piazza, a monito di quanti avevano ancora delle idee di ribellione. A ricordo di questa storia gli (*)Stormy Six nel loro albun del 1972 hanno proposto una canzone: "I tre fratelli di Venosa", appunto.
Il vecchio regime borbonico era caduto per l'iniziativa garibaldina di tipo rivoluzionario che aveva alimentato nelle masse meridionali concrete speranze di un radicale rinnovamento della società locale, ma il nuovo governo che nel 1861 prese le redini del potere era l'espressione della borghesia, quella Destra storica che affrontò la questione meridionale con un patto di alleanza fra i ricchi possidenti del Nord e i proprietari terrieri del Sud, eludendo la promessa della tanto agognata riforma agraria che doveva destinare la terra ai contadini.
In virtù di quella ufficiosa connivenza i briganti potevano trovare riparo nei conventi e sfuggire alla cattura nel caso in cui la loro sortita contro le truppe regolari si fosse risolta in un frettoloso ripiegamento.
Le strutture politiche ed amministrative del Regno erano ormai decrepite; l'economia delle zone interne ferma; le strade poche ed inadeguate; le libertà personali e politiche erano inesistenti e la polizia potentissima e vessatoria; la situazione sociale era precaria per la povertà dei contadini e l'arretratezza del sistema agrario. Le riforme agrarie promosse dai Borbone erano state boicottate e, negli effetti, ridimensionate da una potentissima aristocrazia terriera, rapace ed inefficiente, attaccatissima ai propri privilegi, tanto da passare immediatamente dalla parte dei nuovi padroni, i Savoia, pur di conservarli. Tutto ciò era aggravato dalle scarse qualità politiche degli uomini che circondavano il Re.
La situazione politico-economica del governo sabaudo
La realtà apparve ben presto in tutte le sue sfaccettature negative per il popolino: le strutture economiche e sociali rimasero immutate mentre faceva capolino un nuovo nemico agli occhi delle masse di diseredati. Lo Stato forte dell'Italia unificata imponeva una rigida centralità amministrativa introducendo pesanti balzelli che andavano a gravare sul capo dei più deboli, l'insopportabile ingerenza dei prefetti di polizia e la norma della ferma militare obbligatoria, particolarmente invisa alle popolazioni povere del Sud. A tutto ciò andava aggiunta l'incapacità da parte della Destra conservatrice di affrontare la questione del Mezzogiorno focalizzando come esigenza primaria la questione sociale che fu invece la vera molla scatenante dell'esplosione di quel gravissimo fenomeno di rivolta popolare noto come brigantaggio meridionale.
Il fenomeno del brigantaggio
Si calcola che le bande di briganti siano state oltre 350 e che schierarono in campo decine di migliaia di ribelli "prelevati" con la persuasione o con la forza dall'immenso serbatoio delle masse contadine. Le "formazioni" erano comandate da capi dal nome leggendario come Crocco, La Gala, Pasquale Romano, Caruso, Luigi Alonzi, Gaetano Manzo, Tranchella.
Crocco, al secolo Carmine Donatelli, era originario di Rionero e dominava la zona della Basilicata e del Melfese. Si diede alla macchia nei boschi del Vulture seguito da un manipolo di compagni di sventura e divenne un temuto fuorilegge. Le sue file ben presto si ingrossarono e Crocco si mise a disposizione dei reazionari borbonici da cui ricevette assistenza e sovvenzioni. La sua banda nutrita e compatta impegnò in durissimi scontri le truppe regolari piemontesi.
Fin dai primi mesi del 1860, il fenomeno del brigantaggio assunse dimensioni dilaganti e costrinse i piemontesi a portare il numero dei soldati nel Sud. La lotta armata fra briganti meridionali e truppe dell'esercito regolare in cinque anni fece un'ecatombe di vittime assumendo le proporzioni di una guerra civile.
Occorsero misure severissime di pubblica sicurezza per stroncare definitivamente il brigantaggio e fu determinante al riguardo la "Legge Pica" del 15 agosto 1863, che sottopose alla giurisdizione militare le zone di maggiore attività dei banditi. Venne proclamato lo stato d'assedio, con rastrellamenti di renitenti alla leva, di sospetti, di evasi e pregiudicati. Le rappresaglie furono atroci e sanguinose da entrambe le parti e spesso le masse furono coinvolte loro malgrado negli scontri pagando con la distruzione di interi villaggi e le fucilazioni senza processo di centinaia di contadini ritenuti a torto fiancheggiatori dei briganti.
I briganti in realtà chi sono? Gli stessi storici sono stati costretti ad ammettere che la tanto vituperata "ferocia sanguinaria" dei cosiddetti briganti è dovuta alle piccole bande di malfattori, che vivono come parassite ai margini delle grandi bande legittimiste. Formate per lo più da delinquenti comuni, approfittano del caos di quei tempi burrascosi per meglio perpetrare i loro delitti, ammantandoli di una falsa coloritura politica.Le razzie, i saccheggi, le uccisioni e i sequestri compiuti anche dalle bande legittimiste rispondono quasi sempre alle tragiche necessità della guerriglia e dell'autofinanziamento. Il segreto del successo per cui i ribelli tengono per così lungo tempo in scacco notevoli forze avversarie sta nella perfetta conoscenza del terreno, nella loro straordinaria mobilità, nella copertura, che spesso rasenta la complicità, delle popolazioni. Non solo le montagne e i boschi della Lucania, luoghi naturalmente elettivi per ogni forma di guerriglia, sono teatro delle loro gesta. Anche in campo aperto, come le vasti distese della Puglia, i legittimisti dimostrano un buona padronanza della tattica militare, tanto da impegnare in combattimenti frontali interi reparti della cavalleria sabauda.
I briganti, quindi, non furono "criminali comuni", come pensò la maggioranza degli italiani, ma un esercito di ribelli che, all'infuori della violenza privata, non conoscevano altra forma di lotta. Tenuti per secoli nell'ignoranza e nella miseria, i contadini meridionali non avevano ancora maturato una conoscenza politica dei loro diritti e non riuscivano ad immaginare alcuna prospettiva di cambiamento attraverso i mezzi legali. Questa sfiducia in ogni forma di protesta e di lotta organizzata fu il nucleo della vera "Questione meridionale". L'esteso fenomeno del brigantaggio ne fu solo una drammatica conseguenza.
Lo Stato italiano rispose con una vera e propria guerra a questa rivolta sociale che, nelle sue manifestazioni ampie, durò oltre quattro anni: alle truppe già stanziate nel Sud al comando del generale Cialdini, il governo ne aggiunse altre, cosicché, nel 1863 ben 120.000 soldati erano impegnati nella lotta al brigantaggio: quasi la metà dell'esercito italiano (il che significa che non erano quattro balordi ma un popolo!)
Nello stesso anno venne dichiarata la legge marziale: processi sommari fucilazioni, incendi e saccheggi furono gli strumenti impiegati da Cialdini nell'opera di repressione, non solo contro i briganti, ma contro tutti i loro fiancheggiatori. Migliaia di morti in scontri armati e altrettante pene capitali o alla prigione a vita furono il tragico bilancio finale. Nel 1865 il brigantaggio era stato praticamente sconfitto. Lo stato aveva vinto la sua guerra, ma compiendo proprio gli errori che Cavour aveva cercato di scongiurare. Dopo la repressione e la legge marziale, la frattura tra il Sud ed il resto dell'Italia non fece che approfondirsi.Le classi povere, soprattutto contadine, immaginarono spesso i briganti come degli eroi popolari e anche nella stampa dell'epoca furono proposte figure di briganti "buoni".
Reclutamento nel regno borbonico
L'Esercito Borbonico si alimentava normalmente con la leva. Inoltre arruolava volontari provenienti sia dalla vita civile che fra i soldati a fine ferma.Era previsto che i coscritti prestassero cinque anni di servizio attivo e poi cinque anni nella riserva, alle proprie case, con l'obbligo di ripresentarsi alle armi in caso di bisogno. Il coscritto poteva scegliere di prestare servizio attivo di otto anni, senza passare poi nella riserva. Era il Re a fissare il numero dei coscritti da chiamare alle armi ogni anno. Questo numero era proporzionalmente ripartito tra tutti i comuni del Regno, ad eccezione di quelli siciliani che erano esenti dalla leva. Erano di volta in volta assoggettati alla leva i giovani che in quell'anno erano compresi tra i 18 e i 25 anni. Ogni comune estraeva a sorte il numero di nomi previsto per quell'anno, inviando, poi, nel capoluogo di provincia i giovani prescelti che, superate le visite mediche del consiglio di leva, dovevano raggiungere la compagnia deposito del corpo a cui erano stati assegnati, dove venivano addestrati per circa sei mesi. Le reclute dovevano risultare di sana e robusta costituzione ed essere alte almeno cinque piedi (circa m. 1,62). Il giovane estratto poteva essere sostituito da un fratello o da un parente con le stesse qualità fisiche; poteva anche effettuare lo scambio con un altro giovane della stessa leva, però l'anno successivo sarebbe stato sottoposto nuovamente al sorteggio se entro i limiti di età. Infine era prevista l'esenzione mediante un cambio, da prendersi a pagamento tra i soldati in congedo o tra i giovani esenti dall'obbligo di leva. La cifra era, però, alla portata di pochi: 240 ducati, cioè circa sei milioni di lire nel 1995, da consegnare al sostituto. In ogni caso le popolazioni delle Due Sicilie si erano gradualmente abituate alla coscrizione, tanto che nel 1860 i renitenti alla leva erano un numero irrilevante.Esisteva anche l'arruolamento volontario con una ferma di otto anni per i sudditi delle Due Sicilie e di quattro per gli stranieri. I volontari usufruivano di un premio di ingaggio e, insieme ai coscritti, avevano la possibilità si raffermarsi per altri otto anni o, in alternativa, per quattro o per due.
I tre fratelli di Venosa
Faceva molto caldo in Lucania