Sento il dovere di esprimere al popolo venosino (PZ), al quale io appartengo, tutta la necessaria ed insostituibile opera che la “pietas” religiosa ha svolto nel corso dei secoli nella nostra meravigliosa città di Venosa, culla della fede cattolica già dalla prima metà del III sec d.C.
A motivo di così lunga tradizione è spontaneo domandarsi:
1) come sarebbe possibile, oggi, pensare ad una pastorale che non tenga più conto della grande valenza pedagogica dovuta al ruolo incisivo, nel corso della storia, della pietà popolare?
2) Come giustificare la sua eventuale omissione dal piano pastorale della Chiesa? 3) Come intendere, oggi la fede completamente avulsa dalla dimensione “sentimentale” tipica della pietà popolare?
4) Come può pretendere la comunità clericale locale di cambiare rotta radicalmente ed improvvisamente al piano pastorale della Chiesa, che l’ha contraddistinta per secoli?
5) Come può pretendere la comunità clericale diocesana, che il popolo tutto di Dio capisca o accetti questi cambiamenti dall’oggi al domani, senza essere “educati” e formati al nuovo corso del Magistero della Chiesa e senza ulteriori spiegazioni plausibili? Penso soprattutto alle persone più anziane e alle “persone povere di spirito” che da sempre hanno praticato la “pietas” religiosa.
6) Può la Chiesa fare a meno di attirare o coinvolgere tutte quelle persone che pur non praticando, “navigano a vista” e che sperano di ricevere da Dio o dalla Chiesa delle risposte precise, alle quali non hanno mai posto delle domande? Può la Chiesa permettersi questi errori?
1) come sarebbe possibile, oggi, pensare ad una pastorale che non tenga più conto della grande valenza pedagogica dovuta al ruolo incisivo, nel corso della storia, della pietà popolare?
2) Come giustificare la sua eventuale omissione dal piano pastorale della Chiesa? 3) Come intendere, oggi la fede completamente avulsa dalla dimensione “sentimentale” tipica della pietà popolare?
4) Come può pretendere la comunità clericale locale di cambiare rotta radicalmente ed improvvisamente al piano pastorale della Chiesa, che l’ha contraddistinta per secoli?
5) Come può pretendere la comunità clericale diocesana, che il popolo tutto di Dio capisca o accetti questi cambiamenti dall’oggi al domani, senza essere “educati” e formati al nuovo corso del Magistero della Chiesa e senza ulteriori spiegazioni plausibili? Penso soprattutto alle persone più anziane e alle “persone povere di spirito” che da sempre hanno praticato la “pietas” religiosa.
6) Può la Chiesa fare a meno di attirare o coinvolgere tutte quelle persone che pur non praticando, “navigano a vista” e che sperano di ricevere da Dio o dalla Chiesa delle risposte precise, alle quali non hanno mai posto delle domande? Può la Chiesa permettersi questi errori?
L'orientamento attuale del Magistero della Chiesa si propone di realizzare la "nuova evangelizzazione" e gli sforzi sono tutti concentrati verso questa direzione. La nuova evangelizzazione non esclude certamente tutto quanto è servito in passato, pietà popolare compresa, per l'annuncio di Gesù Cristo.
L' uomo di oggi ha più che mai bisogno di conoscere il Figlio Dio.
E questa la vera sfida! L'umanità, deve necessariamente avvertire l'esigenza di Dio e la presenza di Gesù Cristo nella storia.
I cristiani sono consapevoli che Cristo è il solo capace di offrire una chance che pone l'uomo nella consapevolezza di una verità che lo orienti verso la pienezza di una libertà vera e assoluta che non lo inganni e non lo illuda dalle facili lusinghe.
L'uomo di oggi, deve recuperare quanto ha perso a motivo di una logica di pensiero imperante e allo stesso tempo deformante, che allontanandolo dalla fede e dalla percezione del buon senso, lo ha reso dio di se stesso. E così è iniziato il suo processo di morte!
La nuova evangelizzazione si pone, dunque, nella logica della conoscenza per un verso e del recupero per l'altro.
Certo, non è facile presupporre o dare per scontato la conoscenza di Dio; come del resto, non è facile recuperare quanto è andato perso. Questo è un lavoro estremamente difficile e delicato, ma il dovere morale di ogni credente ce lo impone.
È lecito a questo punto enunciare in modo semplice e chiaro, cosa si intende per pietà popolare.
Facciamo una breve riflessione: "Atteggiamento e comportamento religioso del popolo fedele e praticante. È l'insieme delle pratiche religiose esterne (preghiere, pellegrinaggi, novene, rosari, coroncine, penitenze, medaglie, formule di preghiera, etc.) che la massa dei fedeli compie nel momenti liturgici ufficiali previsti dal calendario, ma anche in altre feste spontanee, imposte dalla tradizione, dove è facile che sconfinino nel magico o nel superstizioso. Potremmo affermare che la pietà popolare con tutti i suoi limiti non vanno trascurati. Può considerarsi come un "itinerario all'evangelizzazione'".
L' uomo di oggi ha più che mai bisogno di conoscere il Figlio Dio.
E questa la vera sfida! L'umanità, deve necessariamente avvertire l'esigenza di Dio e la presenza di Gesù Cristo nella storia.
I cristiani sono consapevoli che Cristo è il solo capace di offrire una chance che pone l'uomo nella consapevolezza di una verità che lo orienti verso la pienezza di una libertà vera e assoluta che non lo inganni e non lo illuda dalle facili lusinghe.
L'uomo di oggi, deve recuperare quanto ha perso a motivo di una logica di pensiero imperante e allo stesso tempo deformante, che allontanandolo dalla fede e dalla percezione del buon senso, lo ha reso dio di se stesso. E così è iniziato il suo processo di morte!
La nuova evangelizzazione si pone, dunque, nella logica della conoscenza per un verso e del recupero per l'altro.
Certo, non è facile presupporre o dare per scontato la conoscenza di Dio; come del resto, non è facile recuperare quanto è andato perso. Questo è un lavoro estremamente difficile e delicato, ma il dovere morale di ogni credente ce lo impone.
Compito primario ed assoluto della nuova evangelizzazione è quello di annunciare e catechizzare e come dice il Catechismo della Chiesa Cattolica "la catechesi rappresenta anche il momento in cui la pietà popolare può essere vagliata ed educata".
È lecito a questo punto enunciare in modo semplice e chiaro, cosa si intende per pietà popolare.
Facciamo una breve riflessione: "Atteggiamento e comportamento religioso del popolo fedele e praticante. È l'insieme delle pratiche religiose esterne (preghiere, pellegrinaggi, novene, rosari, coroncine, penitenze, medaglie, formule di preghiera, etc.) che la massa dei fedeli compie nel momenti liturgici ufficiali previsti dal calendario, ma anche in altre feste spontanee, imposte dalla tradizione, dove è facile che sconfinino nel magico o nel superstizioso. Potremmo affermare che la pietà popolare con tutti i suoi limiti non vanno trascurati. Può considerarsi come un "itinerario all'evangelizzazione'".
La religiosità e la pietà popolare, così intesa nelle sue molteplici sfaccettature e in tutte le sue contraddizioni, ha portato tantissimi frutti, che produce, comunque la si voglia chiamare: fede; ovvero quando è capace di operare processi di conversione nella vita degli uomini, quando risveglia il “sensus fidelium”, quando auspica la presenza dell'azione dello Spirito nella vita dei credenti, quando educa alla fedeltà a Gesù Cristo e alla Chiesa, quando sprona all'esercizio della carità autentica, quando insegna la speranza...
Diversi sono i valori che la pietà popolare indica a quanti la esercitano.
Tali valori diventano vera ricchezza per la vita delle singole persone e della Chiesa stessa.
Ne citiamo solo alcuni: Essi sono: la spontaneità, l'apertura alla Trascendenza, la concretezza della vita, la saggezza, la conservazione della memoria, la solidarietà "la quale si riscontra più facilmente tra gli umili, i poveri, i semplici, che sono appunto il soggetto della pietà popolare" . Diversi sono i valori che la pietà popolare indica a quanti la esercitano.
Tali valori diventano vera ricchezza per la vita delle singole persone e della Chiesa stessa.
Concludendo: sarebbe una grave mancanza disconoscere quanto la pietà popolare di buono e utile ha apportato nel vasto e variegato ventaglio della cultura della Rivelazione. Rimane chiaro e fondamentale, però, che al centro di essa è sempre la persona di Gesù Cristo, dalla quale non è possibile prescindere. Egli è il centro e tutto il resto ruota intorno.
Perché i valori della pietà popolare portino frutto è necessario evangelizzarla dal di dentro. Questo implica una certa purificazione dalle tante infrastrutture che impediscono alla vera fede di emergere alla luce della speranza e della carità.
Oggi la comunità ecclesiale venosina e diocesana non può disconoscere tutto il bene ricevuto grazie alle pratiche della pietà popolare.
Nitidi sono i ricordi che attraversano il mio pensiero. Ricordi certamente legati all'età infantile, adolescenziale e giovanile. Nella chiesa del Purgatorio, il popolo di Venosa ha vissuto momenti di intensa esperienza di fede dovuta all'esercizio composto della pietà popolare. Tali esperienze hanno contribuito alla crescita spirituale e morale di ciascun venosino.
Con piacere ricordo la novena di Natale mattutina, i pellegrinaggi ai vari Santuari dell’Incoronata di Foggia, di San Michele del Gargano, con l’ostentazione di stendardi e il corteo processionale de“ i geglje” votivi, (cioè un altarino composto da ceri e da candele con l’icona del santo o della Madonna) fatto tra le vie del paese con preghiere e canti popolari; la rappresentazione della santa Famiglia di Nazaret nella notte del 24 di dicembre, il mese di aprile dedicato alla Madonna Incoronata e “dulcis in fundo” la sacra Reposizione del giovedì santo nella cappella del SS. Sacramento adornata con alberi di aranci e limoni e i “s’bbolch”, cioè i sepolcri, ovvero i semi di grano fatti germogliare al buio a voler indicare il giardino del Getsemani.
La chiesa di San Filippo Neri, o più comunemente del Purgatorio, ha appresentato per il popolo venosino, almeno nell'ultimo cinquantennio e grazie anche al fervore di alcuni sacerdoti, la memoria visiva di una comunità cristiana fortemente legata alle sue tradizioni che trovano espressione anche nell'esercizio della pietà popolare.
Dalla pietà popolare, i ceti meno colti, vale a dire gli umili e i semplici, i poveri e gli ultimi, hanno attinto fede e devozione, sapienza cristiana e saggezza umana, obbedienza alla Chiesa, fedeltà e amore incondizionato a Gesù Cristo e alla Madonna. Oggi, tutto questo è considerato come insegnamento sublime per la conoscenza delle cose di Dio. Le nuove generazioni, orgogliose di un passato così denso di fede, potranno beneficiare di sì tanto patrimonio depositato dai nostri avi.
Attraverso un magistero popolare intriso di sentimenti nobili e buoni è possibile un approccio sereno e cordiale, pacifico e fecondo, per un confronto costante con la Parola di Dio, con la tradizione dei Padri, con la presenza salvifica della Chiesa di Gesù Cristo nella storia e del suo impareggiabile Magistero.
Nitidi sono i ricordi che attraversano il mio pensiero. Ricordi certamente legati all'età infantile, adolescenziale e giovanile. Nella chiesa del Purgatorio, il popolo di Venosa ha vissuto momenti di intensa esperienza di fede dovuta all'esercizio composto della pietà popolare. Tali esperienze hanno contribuito alla crescita spirituale e morale di ciascun venosino.
Con piacere ricordo la novena di Natale mattutina, i pellegrinaggi ai vari Santuari dell’Incoronata di Foggia, di San Michele del Gargano, con l’ostentazione di stendardi e il corteo processionale de“ i geglje” votivi, (cioè un altarino composto da ceri e da candele con l’icona del santo o della Madonna) fatto tra le vie del paese con preghiere e canti popolari; la rappresentazione della santa Famiglia di Nazaret nella notte del 24 di dicembre, il mese di aprile dedicato alla Madonna Incoronata e “dulcis in fundo” la sacra Reposizione del giovedì santo nella cappella del SS. Sacramento adornata con alberi di aranci e limoni e i “s’bbolch”, cioè i sepolcri, ovvero i semi di grano fatti germogliare al buio a voler indicare il giardino del Getsemani.
La chiesa di San Filippo Neri, o più comunemente del Purgatorio, ha appresentato per il popolo venosino, almeno nell'ultimo cinquantennio e grazie anche al fervore di alcuni sacerdoti, la memoria visiva di una comunità cristiana fortemente legata alle sue tradizioni che trovano espressione anche nell'esercizio della pietà popolare.
Dalla pietà popolare, i ceti meno colti, vale a dire gli umili e i semplici, i poveri e gli ultimi, hanno attinto fede e devozione, sapienza cristiana e saggezza umana, obbedienza alla Chiesa, fedeltà e amore incondizionato a Gesù Cristo e alla Madonna. Oggi, tutto questo è considerato come insegnamento sublime per la conoscenza delle cose di Dio. Le nuove generazioni, orgogliose di un passato così denso di fede, potranno beneficiare di sì tanto patrimonio depositato dai nostri avi.
Attraverso un magistero popolare intriso di sentimenti nobili e buoni è possibile un approccio sereno e cordiale, pacifico e fecondo, per un confronto costante con la Parola di Dio, con la tradizione dei Padri, con la presenza salvifica della Chiesa di Gesù Cristo nella storia e del suo impareggiabile Magistero.
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