All’apparenza è la storia semplice di un uomo qualunque. Giovanni Vivaldi, impiegato ministeriale prossimo alla pensione, ha un solo desiderio: sistemare il figlio con un posto fisso.
Una piccola ambizione, un sogno modesto, ma profondamente umano.
Quando la realtà si frappone con una violenza improvvisa e insensata, la vita di Giovanni prende una piega inaspettata.
Da quel momento, tutto cambia.
E lo spettatore cambia con lui.
"Un borghese piccolo piccolo" è uno di quei film che partono in sordina, quasi con tenerezza, per poi scavare sotto la pelle e lasciarti senza parole.
La regia asciutta e precisa di Mario Monicelli non cerca mai l’effetto facile, ma incide con una lama sottile.
È un film che non alza mai la voce, eppure grida forte.
La Roma grigia, i corridoi polverosi degli uffici, i dialoghi sottotono, tutto contribuisce a costruire un mondo dove la mediocrità non è insulto, ma condizione esistenziale.
E al centro c’è lui: Alberto Sordi.
Un’interpretazione magistrale, complessa, mai caricaturale.
Sordi qui è lontanissimo dalla maschera comica che lo ha reso celebre.
Giovanni Vivaldi è un uomo piccolo, ma non ridicolo.
È fragile, sincero, ottuso e spaventosamente credibile.
Quando il dolore lo travolge, non esplode: si chiude.
Ma in quel silenzio cresce qualcosa di spaventoso, qualcosa che Monicelli racconta con una freddezza chirurgica, lasciandoci a riflettere su cosa sia davvero la giustizia.
E su cosa resti di un uomo quando il senso gli viene strappato via.
Il film riesce a essere contemporaneamente una critica sociale, un dramma psicologico e una riflessione amara sull’Italia degli anni ’70 – che però sembra ancora, inquietantemente, attuale.
Niente moralismi, niente sconti: solo un racconto onesto, crudele, potentissimo.
Il film non dà risposte, non indica eroi.
Mostra semplicemente un uomo schiacciato da un sistema indifferente, che si aggrappa a ciò che può, fino a smarrire se stesso.
È una riflessione sull’impotenza, sulla rabbia repressa, sulla vendetta e sul vuoto morale.
Un’opera che colpisce con la forza delle cose vere, dette sottovoce.
Da vedere.
E da metabolizzare lentamente.
L'ho visto e mi ha fatto male, non voglio puù vederlo.
soffrò troppo.
No riesco a metabolizzarlo.